Sul sito del New York Times ho trovato una interessante riflessione sulla lettura e sui libri dimenticati. A me capita molto spesso di leggere un libro che mi piaccia, mi emozioni, mi coinvolga, mi faccia riflettere e poi, dopo anni o forse anche solo mesi, non ricordarmi niente o quasi del contentuto di questo libro. Mi ricordo solo pochi tratti confusi, i personaggi a grandi linee, alcune sensazioni che mi aveva dato la lettura, il momento in cui l'ho letto e poco altro... Che cosa resta allora di un libro di cui non si ricorda che così poco? Perché leggere libri se non ci lasciano niente? Ma è proprio vero che non ci lasciano niente? Sono queste le domande che si pone James Collins nel suo interessante articolo
The Plot Escapes Me.
Collins ha chiesto un parere a una neuroscienziata specializzata in apprendimento infantile. La risposta è - come ci si poteva aspettare - che dopo aver letto un libro non siamo più le stesse persone di prima. In che senso? La lettura, dice la dottoressa Maryanne Wolf, apre dei "percorsi" nel cervello, contribuendo a rinforzare alcuni processi mentali. Anche se non ricordiamo un libro in dettaglio, esso si è iscritto in noi, andando a depositarsi nella complessa rete che è il nostro cervello e andando così a formare, in parte, quello che siamo.
Certo, ma se il libro che abbiamo letto non è di narrativa ma di carattere informativo? Come fare a trattenere queste informazioni? L'unica soluzione pare essere quella di leggerlo in maniera "scolastica", ovvero con un attenzione diversa, sottolineando e prendendo appunti.