Una donna, perennemente sintonizzata sulle frequenze radio della polizia, porta il figlio sul luogo di numerosi incidenti per fargli capire cos'è la morte, per spiegargli come accade che una persona - un corpo - muore. Questa donna tenta di spiegare l'inspiegabile, sottoponendo il figlio a spettacoli atroci e spiegazioni inquietanti. Finché un giorno, sul luogo di uno di questi incidenti, il piccolo Andrew vede il padre - che aveva abbandonato la famiglia mesi prima - piangere la morte del suo amato compagno.
Questo è solo uno degli episodi agghiaccianti, drammatici eppure pervasi da un filo di malinconica ironia e di consolante (ma non consolatoria) tenerezza, che compongono la raccolta di racconti Ragazzo di zucchero dell'americano Ken Harvey (Playground, 2010). Mi sono accostata a questo libro con un po' di diffidenza, in parte perché non amo le storie brevi (non mi piace il senso di incompiutezza con cui mi lasciano, non mi piace come mi fanno sentire sull'orlo di qualcosa) e in parte perché il primo racconto (Rovesciando le mucche, che negli Stati Uniti ha vinto vari premi) mi ha un po' scioccato con il suo crudo minimalismo. Ma la diffidenza si è sciolta andando avanti nella lettura di questi brevi stralci di vita nella provincia americana in cui riecheggia il tono di Carver ma con un pizzico di speranza in più.
Ken Harvey
Ragazzo di zucchero
titolo originale If You Were With Me Everything Would Be Allright
traduzione di Carlotta Scarlata
Playground, 2010
173 pagine, 13 euro