Dieci regole per scrivere narrativa - Elmore Leonard


Chi scrive, vuole scrivere, sogna di scrivere è sempre alla ricerca di consigli, spunti, dritte, ispirazioni. Speso sono gli stessi scrittori a consigliare agli aspiranti come scrivere; o meglio, gli scrittori codificano il loro modo di scrivere in regole più o meno precise. Lo hanno fatto in tanti: mi vengono in mente la Highsmith, Carver, Čechov, King, la Welty e altri. Oggi vediamo le famose dieci regole per scrivere narrativa di Elmore Leonard, lo scrittore americano conosciuto soprattutto per le sue crime novel, che spesso sono state portate sullo schermo come ad esempio Out of Sight (recentemente ripubblicato da Einaudi Stile Libero nella traduzione di Luca Conti) e Jackie Brown. Ecco le dieci regole di scrittura suggerite da Leonard; è divertente come, praticamente per ogni regola, Leonard porti un esempio che la smentisce, un’eccezione eccellente: se si ha talento, non c’è regola che tenga.

1. Non aprire mai un libro parlando del tempo. Se è solo per creare un’atmosfera e non per descrivere la reazione di un personaggio al tempo, non andare per le lunghe. Il lettore tenderà ad andare avanti in cerca di persone. Ci sono delle eccezioni. Se per caso sei Barry Lopez, che nel suo libro Artic Dream conosce più modi di descrivere il freddo e la neve di un eschimese, puoi parlare del tempo quanto ti pare.

2. Evita i prologhi: possono risultare noiosi, specialmente se si tratta di un prologo che segue un’introduzione che viene dopo una prefazione. Ma queste sono cose che si trovano di solito nella saggistica. In un romanzo il prologo è back-story e lo puoi inserire dove ti pare. C’è un prologo in Quel fantastico giovedì di Steinbeck ma va bene perché un personaggio del libro esprime esattamente cosa intendo con le mie regole. Dice: “Mi piace che si parli molto nei libri e non mi piace che qualcuno mi dica com’è il tipo che sta parlando. Voglio capire com’è dal modo in cui parla.”

3. Per gestire i dialoghi utilizza soltanto il verbo “dire”. La frase del dialogo appartiene al personaggio, il verbo è lo scrittore che ficca il naso. Ma “disse” è molto meno invadente che “bofonchiò”, “esclamò”, “mentì”. Una volta ho notato che Mary McCarthy aveva terminato una frase di dialogo con “asserì”: ho dovuto smettere di leggere e consultare il dizionario.

4. Non utilizzare mai un avverbio per modificare il verbo “dire” (“avvertì gravemente”)  Usare un avverbio in questo modo (o quasi in ogni modo) è un peccato mortale. Lo scrittore rischia usando una parola che distrae e che può interrompere il ritmo dello scambio. C’è il personaggio di uno dei miei libri che dice di scrivere romanzi d’amore storici “pieni di stupri e di avverbi”.

5. Vacci piano con i punti esclamativi. Te ne sono concessi non più di due o tre per 100.000 parole di prosa. Se hai con gli esclamativi la stessa abilità di Tom Wolfe, ne puoi mettere a bizzeffe.

6. Non usare mai la parola “improvvisamente”. Non c’è bisogno di spiegare questa regola. Ho notato che gli scrittori che usano “improvvisamente” tendono ad esercitare un minore controllo nell’uso dei punti esclamativi.

7. Usa con parsimonia dialetti, regionalismi, slang. Se cominci a riprodurre foneticamente nei dialoghi parole dialettali riempiendo la pagina di apostrofi, poi non potrai più fermarti. Fai caso al modo in cui Annie Proulx coglie il sapore delle voci del Wyoming nel suo libro di racconti Distanza ravvicinata.

8. Evita descrizioni dettagliate dei personaggi, cosa che Steinbeck faceva molto. In Colline come elefanti bianchi di Ernest Hemingway, che aspetto hanno “l’americano e la ragazza insieme a lui”? “Lei si era tolta il cappello e lo aveva messo sul tavolo”. Questo è l’unico riferimento a una descrizione fisica presente nella storia.

9. Non lanciarti in grandi descrizioni dettagliate di luoghi e oggetti, a meno che tu non sia Margaret Atwood e riesca a dipingere scene con le parole. Evita descrizioni che portino l’azione, il flusso della storia, a un punto morto.

10. Prova a escludere le parti che il lettore tende a saltare. Pensa a cos’è che salti tu quando leggi un romanzo: lunghi paragrafi di prosa che visibilmente contengono troppe parole. 

La regola più importante è quella che riassume le altre dieci: se si sente che è scritto, io lo riscrivo.



© Guardian

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